giovedì 14 maggio 2009

LE PAROLE DELLA CHIESA CHE NON COSTANO NIENTE


In quanto a scuse, la Chiesa cattolica non le lesina di certo: si scusa con gli ebrei (dopo aver revocato la scomunica ai lefevbriani), si scusa con le vittime dei preti pedofili (guardandosi bene dal cacciarli dalle gerarchie ecclesiastiche), e, dulcis in fundo, si scusa con gli indigeni del Canada per la "deplorevole condotta" dei sacerdoti e delle suore all'interno delle scuole residenziali canadesi.

Le scuse non solo non costano nulla e fanno fare bella figura, ma non cambiano neppure una virgola dello stato delle cose. Parole. Ecco: le scuse sono solo parole. Quanto ai fatti, c'è invece parecchio da dire.
Intanto, la notizia dell'incontro di Ratzinger con Phil Fontaine, Grande Capo dell'Assemblea delle Prime Nazioni del Canada, e con l'Arcivescovo James Weisgerber, presidente della Conferenza dei Vescovi Cattolici del Canada, insieme ad altri leader e rappresentanti indigeni, sui giornali è passata quasi sotto silenzio. Argomento scomodo, si sa, meglio non sollevare clamore.

Nel corso dell'incontro, Benedetto XVI ha ricordato, come sottolinea una nota del Vaticano "come fin dai primi giorni della sua presenza in Canada la Chiesa, soprattutto attraverso il suo personale missionario, abbia accompagnato da vicino le popolazioni indigene". Inoltre, il Papa ha "espresso il proprio dolore e l'angoscia provocati dalla deplorevole condotta di alcuni membri della Chiesa e ha mostrato la propria simpatia e solidarietà". L'arcivescovo James Weisgerber, inoltre, si è fatto portavoce delle difficoltà che gli indigeni canadesi vivono tuttora: "I popoli aborigeni continuano ad essere emarginati e impoveriti. Le loro necessità sociali, economiche e culturali sono oggi così urgenti che tutti i canadesi devono compiere nuovi e decisi sforzi per collaborare con le popolazioni indigene per assicurare loro rispetto, accettazione e uguaglianza". Nobilissimi sentimenti, nobilissime parole. Ma, di fronte ai fatti, si rivelano per quello che sono: parole e nient'altro. Vediamo di fare un po' di chiarezza.

La "conquista del Canada" avvenne ad opera prima dei francesi e poi degli inglesi. I francesi arrivarono nel 1534, e dal 1615 arrivarono in Canada i primi missionari cattolici, che tentarono di convertire gli indigeni dei luoghi dove si stabilirono. La dominazione francese durò fino al 1763, quando, al culmine della guerra dei Sette Anni, il Canada passò sotto la dominazione della Gran Bretagna. E' importante sottolineare che, quando i francesi giunsero sul territorio canadese, lo trovarono abitato da popoli giunti lì molte migliaia di anni prima, che si dedicavano alla coltivazione, alla caccia al bisonte e vivevano in comunione con la terra. In base a quale principio, dunque, presero possesso, in nome del re Francesco I, del territorio canadese?

Tutto comincia il 4 maggio 1493, con un Papa, Alessandro VI Borgia, e una bolla. La bolla è conosciuta come "Inter caetera Divinae", e con essa l'allora pontefice, in virtù della Donazione di Costantino (documento rivelatosi in seguito assolutamente ed incontrovertibilmente falso), "donava" a sua volta le terre scoperte da Colombo ai sovrani di Spagna e Portogallo, purchè si obbligassero a convertire i popoli indigeni alla religione cristiana. Un'altra bolla, emanata da Niccolò V nel 1455, autorizzava i popoli "civilizzatori" a invadere, ricercare, catturare, vincere e soggiogare i pagani, a schiavizzarli e a confiscare le loro proprietà. Del resto, le bolle trovavano legittimazione nel Deteuronomio:
"Quando il Signore tuo Dio ti avrà introdotto nel paese che vai a prendere in possesso e ne avrà scacciate davanti a te molte nazioni [...] quando il Signore tuo Dio le avrà messe in tuo potere e tu le avrai sconfitte, tu le voterai allo sterminio; non farai con esse alleanza né farai loro grazia. Non ti imparenterai con loro, non darai le tue figlie ai loro figli e non prenderai le loro figlie per i tuoi figli, perché allontanerebbero i tuoi figli dal seguire me, per farli servire a dèi stranieri, e l'ira del Signore si accenderebbe contro di voi e ben presto vi distruggerebbe. Ma voi vi comporterete con loro così: demolirete i loro altari, spezzerete le loro stele, taglierete i loro pali sacri, brucerete nel fuoco i loro idoli. Tu infatti sei un popolo consacrato al Signore tuo Dio; il Signore tuo Dio ti ha scelto per essere il suo popolo privilegiato fra tutti i popoli che sono sulla terra."

La sorte degli indigeni canadesi era quindi già scritta. Il potere religioso e quello politico-economico si allearono, come sempre accade, con due diversi obiettivi: il primo, quello politico-economico, mirava ad appropriarsi delle terre degli indiani canadesi per lo sfruttamento, soprattutto dei boschi, il secondo, quello religioso, mirava alla conversione (anche forzata) al cristianesimo. Per fare questo fu necessario approntare un'apposita commissione che affrontasse il problema dell'assimilazione degli indigeni. Nacque così la commissione Bagot, sostenuta dal Vaticano, che studiò il problema e indicò le linee guida di quello che sarebbe stato l'Indian Act, uno dei documenti più vergognosi che siano mai stati emessi.
Con l'Indian Act, gli indigeni divenivano "cittadini di seconda classe", e potevano essere arrestati, imprigionati, privati dei loro beni e delle loro terre anche senza giustificazioni. Ma non bastava. L'obiettivo dell'assimilazione prevedeva anche che i bambini indiani, alle soglie dell'età scolare, venissero sottratti (spesso forzatamente) alle loro famiglie, per essere rinchiusi in quelle che vennero chiamate Scuole Residenziali, che nei fatti si rivelarano veri e propri lager. La tutela legale dei bambini indiani veniva tolta ai genitori e assegnata al direttore della scuola di cui facevano parte, che in pratica poteva disporre delle loro vite come voleva. E quello che accadde ai bambini indigeni canadesi ha un unico nome: genocidio.

All'interno delle scuole residenziali, oltre il 60% delle quali era retta da religiosi cattolici, fu messo in opera il dictat alla base dell'Indian Act: l'assimilazione o l'annichilimento. E fu l'annichilimento, fin dal principio. Ai bambini veniva assegnato un numero, come nei campi di concentramento nazisti, e dovevano sottostare a regole rigidissime: era proibito parlare la propria lingua, era proibito qualsiasi contatto con la famiglia d'origine, era proibito professare la propria religione o dedicarsi ad attività "da indiani" come intagliare il legno, era proibito perfino ridere. La disciplina rigidissima mirava al totale annichilimento della volontà. I bambini furono torturati, picchiati, violentati e uccisi in modo terribile. Massacrati a calci e pugni, buttati fuori dalle finestre, impiccati, frustati fino alla morte, torturati e uccisi con scariche elettriche, passati di mano come merce sessuale, sodomizzati, sottoposti ad esperimenti medici terrificanti, forzatamente sterilizzati, deliberatamente esposti alla tubercolosi, costretti di fatto alla schiavitù e costantemente vittima del terrore.

I loro cadaveri furono sepolti ovunque, nei dintorni delle scuole residenziali, o gettati nei boschi e nei dirupi. In pochissimi sopravvissero alle infamie e alle torture. Legittimate dal governo canadese, le scuole residenziali furono i lager del Canada, votati allo sterminio di un intero popolo, colpendo dove era più falice e soprattutto dove i risultati sarebbero stati decisivi: distruggendo i bambini. I pochi sopravvissuti oggi sono in gran parte sbandati, spesso suicidi, votati all'autodistruzione perchè quello che hanno loro inculcato era la loro indegnità a vivere, spesso dipendenti da alcol e droghe, nel migliore dei casi senza più radici certe e con un bagliaglio di ricordi terrificanti.
Suonano dunque quasi beffarde, le parole di Giovanni Paolo II del 18 settembre 1984, quando rivolse un messaggio radiotelevisivo alle popolazioni indigene del Canada: "Sono al corrente della gratitudine che voi, popoli Indiano e Inuit, avete nei confronti dei missionari che hanno vissuto e sono morti tra di voi. Ciò che essi hanno fatto per voi è ben noto a tutta la Chiesa; è noto al mondo intero. Questi missionari hanno cercato di vivere la vostra stessa vita, di essere come voi per servirvi e per portarvi il Vangelo di salvezza di Gesù Cristo. [...] I missionari rimangono tra i vostri migliori amici, dedicano la loro vita al vostro servizio, perché predicano la parola di Dio."

Il governo canadese ha chiesto scusa alle popolazioni indigene appena un anno fa. Alle vittime, il governo canadese ha offerto un risarcimento di 5 miliardi di dollari. L'ultima scuola residenziale fu chiusa nel 1996. Solo sulla West Coast canadese vivevano 2.000.000 di indigeni. Oggi sono poco più di 20.000. Le scuole residenziali hanno funzionato, lo sterminio ha avuto successo.
Buona ultima, si dispiace anche la Chiesa cattolica, a cui non verranno chiesti risarcimenti, poichè il governo del Canada proibisce qualsiasi tentativo di rivalsa legale nei confronti degli esecutori materiali del genocidio: la Chiesa cattolica e la Chiesa Unita del Canada. A Ratzinger le scuse non costano quindi proprio nulla, e del resto il Vaticano si è ben guardato dall'assumersi responsabilità per quanto accaduto. Come nel caso dei preti pedofili, nel caso dei religiosi genocidiari si trattava di "casi isolati".

Suscita tuttavia perplessità il comportamento di Ratzinger, soprattutto alla luce di quanto avvenuto a luglio del 2008. Vale la pena ricordarlo, considerando che anche in quel caso sui giornali è comparso ben poco. Lo scorso anno il Concilio Internazionale delle 13 Anziane Indigene, un organismo che si occupa della tutela delle diverse culture mondiali, chiese udienza a Benedetto XVI. Lo scopo delle Tredici Anziane era quello di consegnare al Papa una dichiarazione con la quale si chiedeva di recedere dalla bolla papale che ha dato origine alla colonizzazione delle terre indigene e dai documenti e bolle papali che dimostrano come il papato abbia svolto un ruolo preponderante nel genocidio nordamericano. L'udienza pubblica fu concessa con un permesso scritto, ma le Anziane si ritrovarono di fronte ad un palazzo vuoto: Ratzinger aveva improvvisamente deciso di ritirarsi a Castel Gandolfo "per riposare in previsione del viaggio in Australia". Comportamento quanto meno poco cortese. Senza contare l'atteggiamento delle forze dell'ordine nei confronti delle Tredici Anziane che, comunque, si erano riunite in preghiera a piazza San Pietro: quattro funzionari di polizia del Vaticano chiesero alle donne di interrompere la cerimonia di preghiera sostenendo che tali preghiere fossero in contraddizione con gli insegnamenti della Chiesa, affermando che il gruppo violava la politica del Concilio Vaticano II e accusando le Tredici Anziane di idolatria.

A distanza di un anno, Ratzinger "ha sottolineato che gli atti di abuso non possono essere tollerati nella società. Ha pregato perché tutte le vittime sperimentino la guarigione e ha incoraggiato i Popoli delle Prime Nazioni ad andare avanti con rinnovata speranza" (Comunicato della Sala Stampa del Vaticano) ed ha espresso il proprio dolore.
Tanto, le parole non costano niente.

Fonte: Bispensiero
http://www.bispensiero.it/index.php?option=com_content&view=article&id=816&catid=816&Itemid=564

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