martedì 26 giugno 2012

CROCI A CONFRONTO ALLA CORTE DI APPELLO DELL'AQUILA (di Luigi Tosti)

Il 5 luglio prossimo verrà discusso dinanzi alla Corte di Appello dell’Aquila il ricorso che ho proposto contro la condanna ad un anno di reclusione e all’interdizione dai pubblici uffici che mi è stata inflitta, nel 2008, perché mi sono rifiutato di tenere le udienze sotto l’imposizione del crocifisso cattolico. Ricordo che il mio rifiuto è scaturito dalla circostanza che l’esposizione obbligatoria nei tribunali statali italiani di un simbolo confessionale viola non solo l’obbligo dello Stato italiano – e quindi dei giudici – di amministrare la giustizia in modo visibilmente imparziale e neutrale, ma anche il diritto di libertà religiosa delle persone che, per ragioni di lavoro o di giustizia, sono obbligate a lavorare e/o frequentare gli uffici giudiziari.


Io sono un cittadino italiano che, dopo aver superato un concorso pubblico, ho accettato di lavorare non in un tribunale ecclesiastico o della Santa Inquisizione -alle dipendenze del Vaticano- ma alle dipendenze del Ministero di Giustizia di una Repubblica “laica” e, quindi, in tribunali che non possono imporre né ai dipendenti né ai cittadini l’obbligo di condividere atti di manifestazioni di libertà religiosa né connotazioni religiose partigiane dell’attività giurisdizionale espletata. La Costituzione recita infatti che “la giustizia è amministrata in nome del popolo -e non in nome del dio dei cattolici- e che “i giudici sono soggetti soltanto alla legge”, davanti alla quale tutti i cittadini “sono eguali, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”.

Come è noto, a causa di questo mio rifiuto sono stato rimosso dalla magistratura nel 2010 dalla sezione disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura, presieduta dall’insigne politico e giurista Avv. On.le Nicola Mancino, recentemente assurto agli onori della cronaca assieme all’attuale Presidente della Repubblica Pontificia.

E’ ovviamente impensabile che io tolleri, nella mia nuova veste di “imputato”, di essere processato da giudici che, a causa dell’esposizione coatta dei crocifissi, sono del tutto assimilabili agli attuali giudici dei Tribunali ecclesiastici o, ancor peggio, ai giudici dei criminali Tribunali dell’Inquisizione. Chiederò, pertanto, che vengano rimossi tutti i crocifissi da tutti i tribunali italiani o, in subordine, di essere autorizzato ad esporre a fianco dei crocifissi il sacro simulacro del dio Morot, che fu impiccato sulla forca, quattro nanosecondi dopo il Big Bang, per “salvare” dal peccato “originale” -ovverosia dall’insana consuetudine di riprodursi copulando- tutti i coleotteri, i pachidermi, i ragni, gli anfibi, i rettili, gli uccelli, i dinosauri, gli uomini di neanderthal, i bonobo, gli scimpanzé, i macachi e i gorilla.

Dal momento che -come ho avuto modo di scrivere e di declamare nelle udienze pubbliche dinanzi al CSM e dinanzi ai giudici aquilani- il crocifisso è il vessillo della più grande associazione per delinquere e della più grande banda di falsari che sia mai esistita sul nostro Pianeta, presenzierò all’udienza esponendo al mio collo una croce uncinata e un crocefisso. Se qualche magistrato dovesse dichiararsi “turbato” dalla svastica, gli farò con garbo osservare che il simbolo nazista è, al pari del crocifisso, un “simbolo passivo”, “che non induce nessuno a credere o a professare atti di fede”. Se qualcuno pretenderà poi che io rimuova dall’aula di udienza la svastica adducendo che si tratta di un simbolo criminale che gronda del sangue di sei milioni di ebrei, rom ed omosessuali, gli farò garbatamente osservare che in tutte le aule italiane viene esposto, addirittura per ordine del ministro di giustizia fascista e a spese dei cittadini, un simbolo che è infinitamente più criminale, perché gronda dello sterminio di centinaia di milioni di esseri umani e di una serie sterminata di altri crimini contro l’umanità, a cospetto del quale la svastica nazista può a buon diritto aspirare al titolo di candida educanda.

E se qualcuno affermerà che sono un “provocatore”, gli darò ragione, ricordandogli però che in una società di codardi, di opportunisti e di indifferenti, chi pretende l’osservanza della legge e il rispetto dei diritti inviolabili viene sempre giudicato come un “provocatore”, perché chi lo giudica o è un vigliacco o è un opportunista o è un indifferente.

Luigi Tosti, 26 giugno 2012