lunedì 19 agosto 2013

Lite giudiziaria tra Chiesa Cattolica e badante moldava per la spartizione della refurtiva dell’8 per mille (di Luigi Tosti).

 
E’ notizia di ieri che “don” Giulio Gatteri, parroco di San Sebastiano di Lumezzane (Brescia) scomparso lo scorso 10 aprile, ha lasciato in eredità alla badante moldava circa 800mila euro tra contanti e titoli bancari, per riconoscenza dell’assistenza ricevuta negli ultimi dodici anni della sua vita. Questo lascito testamentario ha suscitato le “ire” della Chiesa Cattolica, che ovviamente non gradisce e non tollera che l’enorme refurtiva dell’8 per mille, accumulata dal “Don” in vita alle spalle dei contribuenti italiani, possa pervenire ad una badante, perlopiù di infima “razza” moldava. E’ per questo che la Chiesa Cattolica ha scatenato una battaglia legale davanti al Tribunale civile, al quale è stato chiesto di “bloccare il lascito” e di sequestrare preventivamente i conti chiesti da parrocchia e curia diocesana per fare luce sulla vicenda. In altri termini, si è ipotizzato che il defunto “Don” (che non è il rintocco della campana che segue il “Din”) si sia indebitamente appropriato, in vita, di danaro della Chiesa Cattolica. La vicenda in sé potrebbe sembrare esilarante, morbosa e piccante: la verità, purtroppo, è un’altra e, ovviamente, i cosiddetti “media” della Repubblica Pontificia Italiota si sono ben guardati dal rimarcarla. Essa si compendia nella domanda: come può un rappresentante di basso cabotaggio della Chiesa di papa “Francesco”, che strombazza ai 4 venti la “povertà” della sua Chiesa e la “beatitudine” di coloro che vivono in povertà su questo Pianeta, accumulare una simile ingente somma? La risposta -per gli italioti- è sempre la stessa: grazie all’8 per mille e grazie ai privilegi che i politici che reggono la Colonia Pontificia hanno accordato e accordano alla Chiesa Cattolica, mentre il popolo italiota seguita a sprofondare nella più nera indigenza. Non sappiamo quale sarà l’esito della immonda battaglia legale che si è scatenata per la spartizione della refurtiva: ciò che ci sconcerta è che i “media” e gli “italioti” non si indignino del fatto che il “Don” -come tanti altri “Don”- abbia accumulato parassitariamente tanti “din” alle spalle del Popolo Italiano, senza mai lavorare.

sabato 17 agosto 2013

Credenti = deficienti (di Luigi Tosti)

 



"La religione non è altro che l’ombra gettata dall’universo sull’intelligenza umana". Lo diceva Victor Hugo, nel 1862, per definire, con garbo, la deficienza psichica di coloro che credono alle favole sugli dei o, meglio, sull’ultimo dio di moda. Continuano a dirlo, a distanza di pochi anni, diversi studi scientifici. L'ultima ricerca, eseguita su un campione di 63 studi, rivela che 53 di questi trovano una correlazione tra la fede religiosa e una minore intelligenza o, per metterla in altri termini, i fedeli hanno un cervello "meno allenato" degli atei perché le religioni "hanno premesse irrazionali, non fondate su basi scientifiche e non verificabili che non attraggono chi è intelligente": un eufemismo, questo, garbatamente coniato per non dire, con crudezza, che gli uomini colpiti dal virus della “fede” hanno in realtà dei cervelli a tal punto “irrazionali” e sottosviluppati da credere all'ultima dei miliardi di favole create dalla fantasia di alcuni uomini su creature immaginarie e inconsistenti come gli dei.


Lo studio, intitolato "The Relation Between Intelligence and Religiosity: A Meta-Analysis and Some Proposed Explanations" e ripreso qualche giorno fa sul quotidiano inglese The Independent, proviene dall'Università di Rochester ed è stato supervisionato dal Prof. Miron Zuckerman.

Trattandosi di un argomento molto “delicato” (si sa che gli imbecilli sono i più suscettibili), i commentatori di queste ricerche scientifiche hanno puntualizzato che “bisogna fare attenzione alle definizioni” sull’ “intelligenza”. In realtà, però, quella utilizzata dal team di psicologi per definire l'intelligenza è la seguente: "abilità di ragionare, risolvere problemi, pensare astrattamente, capire idee complesse, imparare velocemente e apprendere dall'esperienza". Il che conferma, per l’appunto, che i “credenti” -cioè quelli che sono stati contagiati (perlopiù in tenera età) dal virus della religione- sono persone che non hanno una spiccata abilità di ragionare, di risolvere i problemi, di pensare astrattamente, di capire idee complesse, di imparare velocemente e di apprendere dall’esperienza. Il che, tradotto in termini più crudi, equivale ad affermare che sono dei veri e propri "deficienti" (intellettivi).

Secondo lo studio, la correlazione negativa fra IQ e fede comincia fin dall'infanzia, quando i bambini che manifestano un maggiore acume sono anche i primi ad allontanarsi dal credo. E si conclude in vecchiaia con una corrispondenza fra i non credenti e un intelletto sopra la media. Uno degli studi presi in considerazione da Zuckerman, ha seguito 1.500 bambini dotati di IQ 135, ben sopra alla media, fin dal 1921. Il risultato ha nuovamente confermato che dall'infanzia fino alla tarda età i soggetti hanno dimostrato un livello di religiosità di molto inferiore alla media.

Come dimostra il numero di studi sull'argomento, questa non è un'idea nuova. Recentemente, nel 2008, il professore emerito dell'Università di Ulster, Richard Lynn sosteneva che la maggioranza dell'elite intellettuale britannica si considera atea e che il declino delle religioni nell'emisfero occidentale è avvenuto di pari passo con l'aumento delle facoltà intellettive.

La riprova matematica delle fondatezza degli studi sulla “intelligenza” degli atei (e sulla correlata ed antitetica “deficienza” dei credenti) è data dal fatto che la maggioranza dei credenti, oggigiorno, vive nei cosiddetti paesi in via di sviluppo, cioè nei paesi dove più alto è il tasso di analfabetismo e di oscurantismo scientifico: un fattore decisivo, questo, nel tirare la bilancia dalla parte di quella che generalmente  si considera "ignoranza" e che è strettamente legata a sistemi scolastici e livelli di alfabetizzazioni infimi. Sotto questo profilo l’ Italica Colonia del Vaticano eccelle, perché nelle sue “scuole” non vengono divulgate l'abilità di ragionare, di risolvere i problemi, di pensare astrattamente, di capire idee complesse, di imparare velocemente e di apprendere dall’esperienza, bensì il "sublime" insegnamento della cd. “religione cattolica”, cioè di quella favoletta masochistica e sadica secondo cui un primate di 2.000 anni or sono sarebbe stato "amorevolmente" crocifisso da suo Padre per “salvare” altri primati, cioè l’intera specie dell'homo sapiens, redimendola dal suo “peccato originale”, cioè dal fatto che gli uomini, come peraltro tutti gli altri animali, hanno l'abitudine di accoppiarsi e copulare per replicarsi. Una credenza, questa, tanto idiota e tanto disumana da appioppare a pieno merito -a chi la sostiene- la patente di deficiente.